
Oggi la Corte d’Assise di Napoli ha ridotto a 12 anni di reclusione la pena inflitta a Mariano Cannio, giudicato colpevole per la morte del piccolo Samuele Gargiulo. In primo grado erano stati richiesti 18 anni.
La tragedia avvenne il 27 settembre 2021 in via Foria. Samuele, quattro anni, ha trovato la prematura morte precipitando dal balcone di casa. In quel momento, l’unico adulto presente con lui era Cannio, collaboratore domestico della famiglia. La madre del bambino era in bagno, all’ottavo mese di gravidanza. Secondo la ricostruzione, fu proprio Cannio a sollevarlo e a lasciarlo cadere nel vuoto.
La Corte ha confermato l’accusa di omicidio volontario, ma ha escluso l’aggravante della minorata difesa, riconoscendo invece un vizio parziale di mente e alcune attenuanti generiche. La pena, pur ridotta, resta significativa, ma non allevia il dolore della famiglia, né quello di chi ha seguito con partecipazione questa vicenda.
Morte Samuele: un luogo di memoria che il quartiere non dimentica
A distanza di quasi quattro anni, via Foria custodisce ancora il ricordo di Samuele. Nel punto esatto in cui è caduto ci sono fiori freschi, palloncini, giocattoli e una foto incorniciata. Nessuno ha mai rimosso quei segni. Nessuno ha mai avuto il coraggio di farlo. Quel tratto di marciapiede è diventato un piccolo altare urbano, silenzioso ma eloquente.
Samuele non tornerà. E questa è la verità più dura. Il suo volto resta lì, fermo nel tempo, mentre intorno tutto continua a scorrere. Il dolore, invece, resta. Discreto, ma presente. Come un respiro trattenuto che nessuna sentenza potrà mai liberare.
Quel marciapiede non è solo un luogo del passato, ma un segno che vive nel presente. Ogni fiore lasciato parla per chi non sa trovare parole. Ogni passante si ferma e riflette tenendo vivido nella memoria quel che accadde quel giorno. E anche senza dire nulla, quel silenzio racconta più di ogni cosa, più di ogni processo, più di ogni verdetto.